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Cronache: I racconti dei bardi - Sentenza - 20-06-2025 Anno 611: Canto della Tempesta di Tyrion Di Lastarte il bardo Udite, udite, o viandanti e cuori erranti, la storia che infiamma le notti e scuote le veglie dei saggi: la Battaglia di Tyrion, quando la città sacra fu cinta d’assedio e gli eroi risposero al richiamo del destino. Dalle terre annerite di Aral Maktar, che un tempo fu cuore d’impero e oggi gronda solo rancore, marciò un’orda sterminata di coboldi, guidata da creature di carne e zanna: gli uomini cinghiale. Al loro comando, un nome ruggiva tra le fila: Lou il Paladino, colonnello e rovina, vestito di ferro e furore. A quell’oscura marcia si unirono armigeri da Bran Ator e perfino, così si dice tra le ombre delle bettole, alcuni barbari erranti scesi da Aird Engard, dove il gelo morde le ossa e la civiltà è solo un’eco lontana. A sud-ovest della città, essi piantarono le tende, le catapulte, gli stendardi infangati dal sangue, e da lì partirono le onde. Ondata su ondata, fragore su fragore, come mare in tempesta sulle mura della fede. Per tutto il giorno Tyrion bruciò e resistette. Le strade riecheggiarono di clangori, urla e canti di sfida. I prodi, i pazzi, i devoti e i dannati si gettarono nella mischia come meteore di carne e acciaio. Ed ecco che accadde l’impensabile: tra le colonne infrante e i corpi ammassati, un colosso cinghiale, comandante degli assalitori, cadde sotto i colpi degli eroi. La sua testa, grande come un carro, rotolò tra il fango e la gloria. Tyrion fu salva. E al calar della furia, quando le nuvole si scostarono timide sopra i pinnacoli del tempio, il Duca Pontefice, guida della città e voce del culto, levò le mani in alto e benedisse i salvatori nel nome di Alisard, che scrive le gesta dei giusti e accende il fuoco nei cuori dei fedeli. Ricordate questi nomi, scolpite queste ore. Perché il canto non morirà, finché anche un solo bardo alzerà la voce nelle taverne del mondo. RE: Cronache: I racconti dei bardi - Sentenza - 02-07-2025 Anno 612 La caduta di Mor'Karag di Myrkul il bardo Ascoltate, amici e viaggiatori, udite la voce di chi narra una storia di sangue e di croce. Non favola antica né sogno di vento, ma verità che arde nel tempo lento. Su Landmar, terra di popoli e fede, marciava un’ombra che il sole non vede. Non era guerra tra re o confine, ma un male che nasceva da radici antiche. Mor’Karag lo chiamavano, falso erede di Rogar, alto come un tempio, duro come l’altare. Avvolto in ferro, in pelliccia e rancore, chiedeva culto, non pietà né amore. Villaggi cedevano, col cuore tremante, al falso araldo che avanzava con mano pesante. Chi rifiutava, spariva nel buio, come neve che cade, e non lascia il suo fiato. E intorno a lui cresceva una marea, di sciamani, bruti e guerrieri d’idea. Ma ai piedi dell’obelisco, tra le crepe di pietra, si levò un fuoco, una scintilla concreta. Le città si svegliarono, rotto l’inganno: era tempo d’unione, era tempo d’affronto. Lou, paladino dei Dragoni Imperiali, giunse da Aral con occhi leali. Da Bran Ator, con voce di tuono, venne Haggard, con spada e perdono. Dalle montagne discese Aird la roccia, che il gelo non piega, né il fuoco scoccia. E tra le antiche foreste di Eldaloth, Kirlian l’Unicorno cavalcava franco. Una volta sola, le lame si unirono, e davanti all’orrore, gli eserciti agirono. Nella valle di Myrtul si fece silenzio, rotto dal passo del male immenso. I giganti avanzavano, la terra urlava, l’aria tremava, la luce scappava. Ma quando il sole fu alto e dritto, Lou gridò l’ordine, e spezzò l’infinito. Fu il primo a caricare, con cuore acceso, a sfidare l’abisso col petto disteso. Ma Mor’Karag non tremò né indietreggiò: alzò il suo pugno, e Lou non tornò. Cadde il paladino, con onore e coraggio, e in quel momento si strinse il legame più saggio. Haggard ruggì, Kirlian brillò, e l’ira del popolo tutto spezzò. Insieme colpirono, luce e acciaio, sfondarono il cuore di quel mostro guaio. Mor’Karag cadde, gigante e culto, e il silenzio che seguì fu più che tumulto. Ma tra quei fuochi, tra grida e tamburi, c’era chi non seguiva i cuori più puri. Né per la patria, né per un Dio, né per giustizia o comando pio. Le spade si alzarono, non per trionfo, ma per l’onore contro l’impostore. E così, finché il canto troverà voce, e un fuoco arderà sotto un dolore, questa storia vivrà nel cuore del mondo: di un tiranno caduto e di un breve patto profondo. RE: Cronache: I racconti dei bardi - Sentenza - 03-07-2025 Anno 612 "Il ritorno degli stornelli atoriani" Di Sophie Ruin Bran Ator in festa! Storie in locanda! Legionari che raccontan le proprie gesta.. Eeeee poooi? Dalle terre dell'est si sente un vociare. Gente che si mette in rima a cantare. "Ma non è andata proprio così" "Quel bardo venduto!! Se verrà qui.... " Di seguito un elenco di brutte parole, Minacce e auguri per ogni malore. io prendo la cetra, avvicino le dita.. ..e ad uno stornello in fretta dò vita.. ?? Daje de tacco, batti le mani Sta a sentir gli stornelli atoriani! Parla di un bardo che scrive ballate E da Aral esce con le mani occupate ?? Un bardo coi ricci e in mano un boccale racconta di Lou come fosse immortale. “Un fulmine in campo! Un eroe senza pari!” Ma a noi pareva che cercasse i ripari. Mentre il Dragone su un sasso, da solo, scriveva il suo nome... col dito nel suolo, Noi della Legione, con scudi e bastoni, Davamo mazzate in tre direzioni. Dice il cantore che fu il primo a saltare, ma il primo a cadere - lo puoi domandare - a finire al cerchio con nobile onore… fu proprio quel Lou, con tutto il clamore! Il bardo, quel tipo col flauto stonato, scrive poesie col vino annacquato. Vende ballate al miglior padrone, e a noi ci ha scordati... che brutta canzone! Su! Allora bevi, Legionario, lascia ai Dragoni il palco e il divano. Brinda, fratello, che tanto si sa: chi mena davvero, la gloria non ha! |