20-06-2025, 10:55 AM
Anno 611:
Canto della Tempesta di Tyrion
Udite, udite, o viandanti e cuori erranti,
la storia che infiamma le notti e scuote le veglie dei saggi:
la Battaglia di Tyrion, quando la città sacra fu cinta d’assedio
e gli eroi risposero al richiamo del destino.
Dalle terre annerite di Aral Maktar,
che un tempo fu cuore d’impero e oggi gronda solo rancore,
marciò un’orda sterminata di coboldi,
guidata da creature di carne e zanna: gli uomini cinghiale.
Al loro comando, un nome ruggiva tra le fila:
Lou il Paladino, colonnello e rovina,
vestito di ferro e furore.
A quell’oscura marcia si unirono armigeri da Bran Ator
e perfino, così si dice tra le ombre delle bettole,
alcuni barbari erranti scesi da Aird Engard,
dove il gelo morde le ossa e la civiltà è solo un’eco lontana.
A sud-ovest della città, essi piantarono le tende,
le catapulte, gli stendardi infangati dal sangue,
e da lì partirono le onde.
Ondata su ondata, fragore su fragore,
come mare in tempesta sulle mura della fede.
Per tutto il giorno Tyrion bruciò e resistette.
Le strade riecheggiarono di clangori, urla e canti di sfida.
I prodi, i pazzi, i devoti e i dannati
si gettarono nella mischia come meteore di carne e acciaio.
Ed ecco che accadde l’impensabile:
tra le colonne infrante e i corpi ammassati,
un colosso cinghiale, comandante degli assalitori,
cadde sotto i colpi degli eroi.
La sua testa, grande come un carro, rotolò
tra il fango e la gloria.
Tyrion fu salva.
E al calar della furia,
quando le nuvole si scostarono timide sopra i pinnacoli del tempio,
il Duca Pontefice, guida della città e voce del culto,
levò le mani in alto e benedisse i salvatori nel nome di Alisard,
che scrive le gesta dei giusti e accende il fuoco nei cuori dei fedeli.
Ricordate questi nomi, scolpite queste ore.
Perché il canto non morirà,
finché anche un solo bardo alzerà la voce nelle taverne del mondo.
Canto della Tempesta di Tyrion
Udite, udite, o viandanti e cuori erranti,
la storia che infiamma le notti e scuote le veglie dei saggi:
la Battaglia di Tyrion, quando la città sacra fu cinta d’assedio
e gli eroi risposero al richiamo del destino.
Dalle terre annerite di Aral Maktar,
che un tempo fu cuore d’impero e oggi gronda solo rancore,
marciò un’orda sterminata di coboldi,
guidata da creature di carne e zanna: gli uomini cinghiale.
Al loro comando, un nome ruggiva tra le fila:
Lou il Paladino, colonnello e rovina,
vestito di ferro e furore.
A quell’oscura marcia si unirono armigeri da Bran Ator
e perfino, così si dice tra le ombre delle bettole,
alcuni barbari erranti scesi da Aird Engard,
dove il gelo morde le ossa e la civiltà è solo un’eco lontana.
A sud-ovest della città, essi piantarono le tende,
le catapulte, gli stendardi infangati dal sangue,
e da lì partirono le onde.
Ondata su ondata, fragore su fragore,
come mare in tempesta sulle mura della fede.
Per tutto il giorno Tyrion bruciò e resistette.
Le strade riecheggiarono di clangori, urla e canti di sfida.
I prodi, i pazzi, i devoti e i dannati
si gettarono nella mischia come meteore di carne e acciaio.
Ed ecco che accadde l’impensabile:
tra le colonne infrante e i corpi ammassati,
un colosso cinghiale, comandante degli assalitori,
cadde sotto i colpi degli eroi.
La sua testa, grande come un carro, rotolò
tra il fango e la gloria.
Tyrion fu salva.
E al calar della furia,
quando le nuvole si scostarono timide sopra i pinnacoli del tempio,
il Duca Pontefice, guida della città e voce del culto,
levò le mani in alto e benedisse i salvatori nel nome di Alisard,
che scrive le gesta dei giusti e accende il fuoco nei cuori dei fedeli.
Ricordate questi nomi, scolpite queste ore.
Perché il canto non morirà,
finché anche un solo bardo alzerà la voce nelle taverne del mondo.
Quei raccomandati degli elfi.
Quei powah dei velven.
LO SPADONE DI ZINCO
__________
Quando qualcosa vi fa arrabbiare o lo considerate sbagliato al 90% è colpa di Rayzen. Sappiatelo.
Quei powah dei velven.
LO SPADONE DI ZINCO
__________
Quando qualcosa vi fa arrabbiare o lo considerate sbagliato al 90% è colpa di Rayzen. Sappiatelo.